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UN PO' DI STORIA


Verosimilmente, nell'antichità il territorio di Sirignano e i suoi sparuti abitanti gravitavano attorno all'antica Avella e ne seguivano le vicende.

In epoca romana il suo territorio era occupato da un latifondo con annessa villa rustica, che dal nome del proprietario "Serenius", si chiamò "fondus Serenianus", toponimo dal quale, deriva il termine Sirignano.

Il primo nucleo abitativo si Sirignano fra l'XI e il XII secolo, allorché la baronia di Avella, a seguito della conquista normanna, fu interessata dal dissodamento e dalla rimessa a coltura di vaste estensioni di territorio, abbandonato nell'Alto Medioevo, e dalla creazione di nuovi insediamenti abitativi.

La prima notizia certa di un centro abitato chiamato Sirignano risale infatti agli inizi del sec. XII e precisamente al 1300, quando un certo Angelo chiamato "Scambatus" (forse perchè privo di una gamba) donò un terreno al monastero di Montevergine.

Quel primo nucleo era situato, secondo una tradizione tramandatasi oralmente sino ad oggi, sulle pendici della vicina collina detta "Montagnella", nel luogo tuttora chiamato "San Ciliesto", a ricordo di un'antica chiesa dedicata a S. Celeste, scomparsa da un tempo immemorabile ma ancora esistente nel 1310.

Alla fine del 1200, in seguito allo spostamento più a valle del tracciato della via delle Puglie voluto da Carlo D'Angiò, anche l'abitato di Sirignano si trasferì a valle, dove insieme alle case sorse una nuova chiesa dedicata a S. Andrea Apostolo.

Fondata probabilmente da cittadini avellani, Sirignano rimase per molti secoli un "casale" (ossia una frazione) di Avella e fu quindi sottoposta ai feudatari che ressero quella baronia, tuttavia già a partire dalla metà del 1500 si attesta in territorio di Sirignano la presenza di una vasta proprietà terriera, con probabile palazzo padronale, posseduta all'epoca dalla famiglia nolana dei Fellecchia.

Ai principi del mese di Luglio del 1601, nella chiesa parrocchiale di Sirignano accadde un fenomeno che mise letteralmente in subbuglio l'intera popolazione.

Molte persone videro infatti un crocifisso, che poco prima era stato portato in processione, trasudare acqua dal volto ed aprire e chiudere gli occhi.

Nel 1614 il casale di Sirignano ottenne una prima forma di autonomia stipulando una convenzione con l'università (cioè il comune) di Avella, in base alla quale i siriganesi cominciarono ad eleggere da sé i propri amministratori.

Più o meno contestualmente anche le prerogative e i diritti che i feudatari di Avella vantavano sugli abitanti di Sirignano furono acquisiti dei possessori del suffeudo sirignanese che, dopo i Fellecchia, passò, per matrimonio, prima agli Albertini di Cimitile e poi ai Caracciolo della Gioiosa.

Su tale suffeudo fu successivamente appoggiato, nel corso del XVIII secolo, il titolo di "principe di Sirignano", dal quale la famiglia De Gennaro fu la prima a fregiarsi.

Nel 1799, Raimondo De Gennaro dei principi di Sirignano venne eletto, a Napoli, tra i 25 rappresentanti della Commissione legislativa delle Repubblica. Ma alla caduta di questa, venne rinchiuso nel carcere di Castelnuovo e poi condannato, dalla giunta di Stato, alle'esilio perpetuo dal regno delle Due Sicilie.

Nel corso del 1800, intanto, il feudo passa a vari proprietari, ma i Caravita, formalmente, continuano a mantenere il titolo nobiliare di "Principi di Sirignano", fin quando esso giunge a Giuseppe Caravita (1849 - 1920). Questi ricompra le proprietà che un tempo avevano costituito il feudo e fece costruire, intorno al 1885, sulle rovine del vecchio castello feudale, lo splendido maniero in stile neogotico, conosciuto come il palazzo del Principe.

Nella belle epoque (tra la fine dell'800 e l'inizio del 900), questa sfarzosa residenza, fu meta di personaggi di levatura internazionale.

Tra questi è d'obbligo ricordare il poeta Salvatore Di Giacomo, il tenore Enrico Caruso e il pittore Eduardo Dalbono.

Ultimo principe di Sirignao è stato don Francesco Caravita, detto pupetto (1908 - 1998), noto per i clamori della sua vita mondana, per le sua apparizioni televisive e per il suo libro "Memorie di un uomo inutile" edito da Mondadori nel 1981.

Il palazzo del Principe, abitato dalla famiglia Caravita fino agli anni 50, dopo fu progressivamente abbandonato e spogliato delle sue opere d'arte che custodiva.

Lo splendido parco è stato prima abbandonato a sé stesso e poi parzialmente espropriato dal comune nel 1991.

Nel 1992 si è avuto il crollo della parte destra della facciata e l'abbattimento della parte superiore delle tre torri, con le caratteristiche merlature guelfe.

Solo alla fine del 2007 l'amministrazione comunale di Sirignano, si è mobilitata per il recupero del patrimonio, e tuttora il castello è in fase di restauro.

Con l'unità d'Italia, nel 1861, Sirignano fu staccato dalla provincia di Terra di Lavoro per passare a quella di Principato Ultra (Avellino) e fu interessata dal fenomeno del brigantaggio.

La nuova fase storica unitaria non arrecò grandi vantaggi, tanto che la popolazione andò progressivamente calando di 981 abitanti del 1863, agli 845 del 1888, per risalire a 916 intorno al 1920.

Anche agli inizi del XX secolo non furono particolarmente felici per il paese, come testimonia la massiccia emigrazione (talora clandestina) che in queal periodo spinse decine e decine di sirignanesi alla volta degli Stati Uniti d'America.

Ad aggravare la situazione socio-economica contribuì poi la Prima Guerra Mondiale, nella quale perirono inutilmente ben 14 giovani sirignanesi.

Una seconda ondata migratoria si è infine registrata negli anni fra il 1950 e il 1970 soprattutto verso Francia, Svizzera e Germania.

Solo in questi ultimi anni Sirignano si è affacciato alla cosiddetta "società del benessere", con i suoi pochi pro e i suoi molti contro.